Il tassello mancante
Loris Cereda
La porta si apre. Alvaro guarda la predella davanti a lui, scuote le scarpe piene di foglie e un gradino dopo l’altro sale sul tram.
Il solito vecchio modello degli anni ’20, un solo vagone, panche in legno e pavimento in gomma.
I Jumbo tram non riescono a girare negli angoli secchi della Cerchia dei bastioni.
E’ il percorso che piace ad Alvaro, gli rivela la città che si spegne, Tram numero 20, da Porta Venezia a Porta Romana.
Sopra i sedili, in alto, le solite pubblicità: scuole per 3 anni in 1, investigatori privati, ristoranti a prezzi modici.
Fuori l’aria di autunno, marciapiedi con pavimento di foglie, insegne che si spengono, gli ultimi negozianti a chiudere le claire; le 20,00.
Alvaro guarda le scarpe, sono sporche; impossibile camminare sui bastioni in autunno tenendole pulite.
Rumori di clacson; impossibile viaggiare sulla circonvallazione interna, di sera, senza la presenza del traffico.
Il tram viaggia sui suoi binari in uno spazio riservato, Alvaro respira il suo diritto di priorità, guarda la strada dall’alto, chiude il finestrino; piove.
Sul tram una donna, forse pensionata, forse di ritorno dalla casa dove ha accudito i nipoti; un maglioncino sopra un vestito da casa.
Due ragazzi di certo studenti, scherzano, leggono un quaderno e ridono, sono sguaiati, sono il rumore che copre l’avanzare del tram.
Il tramviere muove la leva che regola la velocità come se la stessa facesse tutt’uno con il suo avambraccio.
Dleng, dleng, picchia il piede sull’avvisatore per ricordare all’auto che la svolta non si puo’ fare; non si puo’ rallentare la marcia del suo tram.
Le vecchie panche sono ancora quelle degli anni ’20, indistruttibili, alcune apribili come cassepanche; di che legno saranno fatte?
La macchia, sul sacchetto appoggiato sul sedile, ha saturato il tessuto giallo e il liquido lentamente comincia a colare. Prima sulla panca, poi, lentamente, seguendo il ritmo delle oscillazioni del tram, gira sul bordo rotondo e si prepara a gocciolare sul pavimento.
La donna, arrivata in Piazza 5 giornate si alza, si ravvia il maglioncino, stringe la borsetta sotto l’ascella, schiaccia il bottone, clank, fermata prenotata.
Le porte si aprono e lei scende con la cautela di chi ha paura di scivolare, di inciampare, di spaccarsi la tibia su quei gradini che la pioggia ha reso viscidi.
Alvaro guarda il sacchetto, c’è dentro una testa, dal collo tagliato esce il sangue che sta per gocciolare sul pavimento.
Alla fermata dopo sono i giovani a scendere, si spintonano, continuano a ridere, il tramviere li richiama, saltano a terra tra le foglie.
Il sangue ha un colore vivo mentre gocciola sul pavimento del tram.
Alvaro scende in Piazza Medaglie d’oro, attraversa la strada e percorre Via Muratori fino alla sua casa, al numero 20, casa di ringhiera.
Sale al secondo piano, la porta del pre-ingresso l’ha lasciata aperta, un solo giro di chiave a l’ingresso si apre.
Accende la luce, prende un foglio di carta dal notes sul tavolo della sala.
Ci scrive su “20”, attacca il biglietto al sacchetto di tela.
L’ultima tessera del puzzle; ora è completato.