Giallo velenoso

Rosanna Antola

Giuseppe adora leggere, cinque libri a settimana. Il suo appartamento perso tra i Navigli di Milano, gli offre la tranquillità necessaria per ben lavorare. I fatti la lettura da passione era diventata un’attività.
In un anno aveva perso il conto perché ne riceveva da case editrici che gli chiedevano un parere. Da poco un testo che trattava la moda dell’anno, il 1921 annunciava nuovi copricapi dalla Ditta Borsalino.
Emilio gli aveva passato un volume con la copertina rigida e le pagine colorate di giallo: più andavi avanti a leggere e maggiore l’intensità del colore.
Era nervoso per la necessità di adempiere al dovere; le sue recensioni erano ricercate, a volte demoliva qualche autore e spesso temeva qualche ritorsione. Non gli andava di leggerlo per la scelta, secondo il suo pensiero, di stampare quei fogli nel colore giallo.
Emilio insisteva e Giuseppe iniziò a sfogliarlo: nessuna frase stampata o lettere o capitoli: niente di scritto. Che libro era?
Piuttosto dai fogli si levava uno strano odore e la curiosità lo spinse a sfogliarli velocemente.
Oltre la metà del volume non riuscì a proseguire, perché svenne quasi avvelenato.