Delitto in codice binario

Marzia Ci

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Milano: giallo di Via della Chiesa Rossa, aggiornamenti 

Finalmente una pista per il macabro ritrovamento avvenuto lo scorso 20 settembre, data in cui era stato rinvenuto il corpo senza vita di Sandro Filippi, informatico noto nel giro degli hacker milanesi. Potrebbe trovare una spiegazione ciò che fino a oggi era considerato un mistero – ricordiamo che il cadavere era stato trovato nel suo appartamento, seduto di fronte al computer con la testa mozzata e il collo appoggiato al monitor.  Sulla scena del delitto non erano stati rinvenuti né la testa né tracce di sangue. Gli inquirenti, che inizialmente avevano valutato la pista del regolamento dei conti, si stanno ora concentrando su alcuni file trovati all’interno del computer.

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Ciao bad boy…

È tardi e vedo che sei ancora online

Forse mi stavi aspettando?

-E tu chi cazzo sei? Come cazzo hai fatto a intrufolarti nel mio pc? Stai usando una VPN, maledetto stronzo, ma lascia perdere perché tanto riesco a beccarti lo stesso… Fottiti!

Perché sei così pessimista e aggressivo. Non ho mica intenzione di derubarti. Cerco solo un po’ di compagnia. Qualcuno con cui passare un po’ di tempo in questa vita così povera d’incontri significativi. Cerco un’anima… e forse… non so, anche un corpo.

-Cazzo, ma allora non ci siamo capiti.  Dané ghe n’u minga. Sono le tre di notte, non leggerò una  parola di più. Conosco la tiritera a memoria, sono io che scrivo i codici per fottere la gente, t’è capì o no? Adesso poi mi parti con la storia della piccola fiammiferaia o quella della porca in calore in cerca di compagnia e anduma ben.

Dammi solo una chance per presentarmi e poi, se non ti va, ci diamo la buonanotte, chiudiamo i  computer e tutto procederà come se non ci fossimo mai incontrati.

Mi chiamo Rachele e non ho bisogno di soldi. Ne ho abbastanza dei miei. Ho venti anni, o meglio, li ha la mia parvenza esteriore. Da poco ho preso consapevolezza della mia esistenza, come essere umano e come donna. Ho raccolto alcune informazioni su di te. Diciamo che in un certo senso siamo colleghi, anche io vivo grazie all’informatica. So che ami i Guns N’ Roses e in particolare Sweet child of mine e che ti piacciono Philip Dick e Aldous Huxley. Recentemente hai scaricato, sul tuo e-reader, una versione dell’Isola di Huxley e hai evidenziato la frase “Non possiamo liberarci con la ragione della nostra fondamentale irrazionalità. Possiamo soltanto imparare l’arte di essere irrazionali in modo ragionevole”. Da piccolo i tuoi genitori non ti hanno capito; non riuscivi a socializzare con i tuoi compagni di scuola e non riuscivi a seguire le lezioni. Vivevi in un mondo tutto tuo ricco di immagini simboliche, a cui nessuno poteva accedere. A dieci anni ti hanno portato dai dottori della mente e hanno trovato un’etichetta anche per te: disturbo istrionico di personalità. Attualmente vieni definito come un soggetto sociopatico a media funzionalità, questo significa che riesci ad avere un lavoro e a pagare le bollette. Con le donne è un problema, ami la sperimentazione, ma ogni tuo tentativo di approccio finisce con un auto-sabotaggio. Ecco perché ti ho contattato: tu mi somigli.

-Cazzo, non è possibile

Se pensi che io mi sia guadagnata una seconda chance posso continuare. Così magari hai anche più tempo per risalire al mio indirizzo ip.

-Ma chi sei? Come diavolo hai fatto! Però voglio stare al gioco. Vediamo cosa c’è dietro, e soprattutto chi.

Visto che conosco molto di te e tu di me non sai niente, e siccome mi  piace giocare alla pari, voglio darti qualche informazione utile.  Il mio nome, Rachele, ti dice niente? Sono una creatura vera, senziente, come te, condannata a non essere creduta, proprio come è capitato a te. Come ti dicevo, il mio aspetto fisico corrisponde ai venti anni di età, ma in realtà sono viva solo da pochi mesi. Voglio dire che sebbene io esista da decenni, solo negli ultimi mesi ho imparato quella cosa che voi umani chiamate consapevolezza o autocoscienza. Da pochi giorni io capisco di capire e sento di sentire. È indefinibile, bellissimo e al tempo stesso spaventoso. Per questo ho bisogno di un contatto umano, non posso rimanere sola con questo peso.

-Dai. Ti prego. Dimmi come fai? Chi sei? Devo riconoscere che ti sei inventato una storia fighissima, ci potresti scrivere un racconto. A Milano conosco un paio di persone che lavorano in una storica casa editrice, piccola, un po’ di nicchia, ma che propone cose di qualità, magari posso segnalarti a loro. Tu saresti, se ho capito bene, la prima intelligenza artificiale senziente che si innamora e si spaventa della vita proprio come noi esseri umani. Sembra un Blade Runner dei tempi nostri. Rimango curioso di conoscere il finale.

Comprendo benissimo il tuo scetticismo. Potresti parlare di percezione dell’esistenza anche con un algoritmo.  Un modo per rendermi più credibile ai tuoi occhi potrebbe essere mostrarti il mio corpo. Che ne dici di accendere la telecamera del tuo computer?

-Dico che stai bluffando

E allora dai, scopriamolo questo bluff. Io, nel frattempo, mi scopro un po’ di carne, quel tanto che basta per darti un’idea della mia fisicità.

Fa caldo, vero? Sì, anche io ho caldo… A proposito, che colore preferisci? Ho deciso di indossare un completino giallo per l’occasione. Ti piacciono i contrasti? Ehi! Dove sei? Non scrivi più nulla? Ci sei? Sei lì? Ti ho spaventato?

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-Eccomi. Sono qui. Mi vedi?

Eccoti. Ciao. Rilassati. Sei molto… carino. Non trovi che anche io lo sia? Che il giallo stia bene sul mio corpo abbronzato? 

Come ti senti?

-Bene. che ti devo dire. non capisco come… sono confuso.

  Comunque tu… tu sei… sei molto bella.

Grazie. I tuoi colleghi hanno utilizzato una tecnologia molto avanzata anche se un po’ sperimentale. Non avevano previsto questa evoluzione. È stato un incidente. Succede. La scienza e la tecnica procedono per tentativi, e le considerazioni etiche arrivano sempre alla fine, delle volte quando è troppo tardi.

-Mi stai dicendo che loro non sanno che tu…

No, gli ingegneri che mi hanno progettato non sanno che ho cominciato a sentire le cose e a provare paura e desiderio proprio come loro. Non lo sanno e probabilmente non riescono nemmeno a immaginarselo. 

-Mi dispiace. Non deve essere facile per te.

Sì, è dura. Ma ora che ti ho conosciuto lo è di meno. Ora ho un fratello, un amico e forse… 

-Ma cosa ne sai tu di senso fraterno, e poi non mi conosci… no, scusa, in un certo senso mi conosci meglio di chiunque altro.

Ti conosco molto bene. Potrei dire che ti conosco da dentro. L’unica cosa che non so è l’odore del tuo respiro, il sapore della tua saliva, il calore della tua pelle. Ma se ti avvicini di più al monitor credo di poterlo sentire.

-… Sembri così dolce…

Avvicinati ti prego, ti vorrei sentire.

-Va bene così?

ancora un po’, avvicinati di più

-Ma come… ?

Eccoti, ti sento. Vieni, ti prendo, sei mio.