Giallo Zafferano
Degortes Francesco
Alda sfogliava un libro ingiallito trovato nello scaffale dei libri usati, subito oltre l’ingresso. Fuori, Milano aveva ancora addosso uno scialle di nebbia che il mattino sfilava lentamente. L’eco festante della sera appena fuggita sembrava ancora appiccicato ai blocchi delle pareti dei palazzi, disteso sul lento corso d’acqua, poggiato alle ringhiere dei ponti, mentre le prime serrande si sollevavano già, accogliendo i rifornimenti per la notte successiva, tra rumori di fusti, casse, parole troncate, carrelli e sportelli.
Le pagine, non arrivavano a cento, si spostavano da destra a sinistra sotto la pressione delle dita, sfuggendo dal pollice e l’indice, facendo risalire un pizzicante aroma di zafferano. Alda, sorpresa, avvicinò le dita al naso e si rese conto che anche loro erano intrise dell’aroma di quella spezia. “Che buffa e geniale trovata” pensò.
Riguardò la copertina dove il titolo occupava un’unica riga sopra il disegno di fiori viola “Le nozze di Zafferano”. Sorrise.
pagina 24
“L’8 settembre 1574 e il cuoco, sotto precisa indicazione di Zafferano, spolverò ogni piatto con quella polvere speziata, trasformando i chicchi di riso in oro.”
Alda smise di leggere, chiuse il libro, ruotò rapidamente il polso sinistro, il tanto per permetterle di vedere il quadrante bianco del suo Petite Melrose e distinguere la posizione delle lancette.
L’ora di pranzo era lontana, ma quelle righe e il profumo delle pagine le avevano fatto venir voglia di un bel risotto, magari accompagnato da un Pinot Nero e dell’ossobuco. Percepiva nitidamente la sensazione della punta della forchetta che lenta attraversava il midollo che non opponeva resistenza, la morbidezza sul palato e subito le note di terra e miele del riso giallo. Chiuse il libro, coprì la distanza che la divideva dalla cassa, tra i10 e 15 passi, e lo appoggiò sul bancone. Diede un’occhiata rapida all’etichetta col prezzo scontato e tirò fuori una banconota da 5 euro. Ringraziò il commesso con un sorriso e si ritrovò in strada. Si sedette a prendere un tè ai tavolini esterni del caffè Chimera per permettere al tempo di scorrere senza annoiarla.
Erano le 12 e 25 quando spinse la doppia porta del Van Gogh alla fine di Vicolo privato Lavandai.
Vincent era dietro al banco. No, nessuna parentela col pittore, solo un gioco di accostamenti legato all’omonimia e la passione per il giallo con il quale davano vita ai loro capolavori. Il suo cognome era Visconti e ai tubetti preferiva i risotti.
La voce di Aznavour arrivava dallo stereo “la bohème, la bohème…”
Alda lo adorava. Quel vibrare della voce, quella nostalgia, le entravano dentro. Forse nel suo caso sì, la colpa era del cognome, quella ian finale che non lasciava dubbi sulle sue origini. Di certo c’era che nel suo significato si celava il colore dei suoi capelli. Noreguian: norvegese. Li teneva raccolti dentro una coda chiusa da un elastico marrone, con le punte che le sfioravano la schiena subito sopra la curva della canottiera nera.
“Ciao, troppo presto per mangiare qualcosa?”
“Non per te. Accomodati pure Alda. Saremo pronti in una ventina di minuti.”
“Poco male, ho una storia da rivedere e gli attrezzi del mestiere qui con me nella borsa.”
“Non vedo l’ora di leggerlo.”
“Temo che nel mio caso ci vorranno più di venti minuti.”
“Nell’attesa mi terrò occupato.”
Dopo uno scambio di sorrisi ognuno si diresse verso la sua postazione, pronti a portare avanti i rispettivi lavori.
Alda estrasse dalla borsa un piccolo portatile, un taccuino e una penna e, attendendo che si avviasse, prese dalla busta di carta il vecchio libro ingiallito aprendolo a pagina 24. Voltò pagina.
Pagina 25
“Così nacque il famoso risotto alla milanese, ma nessuno conosce il seguito della storia, una vicenda molto più intrigante e speziata della famosa pietanza.
La passione di Zafferano per il giallo si trasformò in una dipendenza, una necessità. Per procurarsi la costosa spezia fu costretto a commettere vari delitti finché non fu scoperto dalla consorte, seguendo la scia di zafferano che si lasciava dietro.
Lui per non essere denunciato la rinchiuse in casa e lei per vendicarsi e liberarsi lo avvelenò con il suo piatto preferito condito col colchicum autumnale, detto anche zafferano bastardo, che cresceva spontaneamente nel loro orto”
“Questa nota di zafferano è perfetta per condire il mio giallo.” Pensò ad alta voce.
“Sei a buon punto?” Vincent era alle sue spalle con la mise en place tra le mani.
“Diciamo di sì! Cerco qualcosa per chiudere il romanzo.”
“Una spolverata di zafferano?” disse Vincent sorridendo e lasciando che la frase cadesse dal tavolo come una forchetta urtata casualmente col braccio
Ancora non lo sapeva, ma Alda aveva appena trovato il suo finale.
Quando il piatto fumante la raggiunse non pensò più alla sua storia, ma solo al piacere del palato: un vero capolavoro.
Dopo uno scambio di battute e il conto Alda salutò Vincent.
Sulla via del ritorno Charles, il busker dei navigli, vuotava le gote nel suo duduk e un suono tondo e pieno, si raccoglieva dentro una nuvola diffondendo una musica nostalgica.
Alda mise due monete nel suo berretto, poi fermò a prendere dei fiori freschi nel punto in cui Vicolo Lavandai incontra il Naviglio Grande, poi andò dritta al suo appartamento al secondo piano di Ripa di porta Ticinese 47. Una volta dentro, liberatasi dai vari ingombri, prese un vaso con dei fiori secchi, li gettò, cambiò l’acqua e lo poggiò sul tavolo davanti alla finestra, ne raccolse il profumo socchiudendo gli occhi e si diresse in camere. Annotò un numero sulla parete accanto al letto, si tolse le scarpe con i piedi e si gettò sul letto sfilandosi l’elastico dai capelli. I fili d’oro liberati dalla coda si sparsero sul copriletto.
Si rialzò di scatto, prese la penna, e aggiunse una scritta sul muro:
“Non andrà da nessuna parte, resterà lì, non è adatta a rinascere altrove. Lei è Zafferano.”
Fine.
….
Giallo Zafferano. Di Alda Noreguian
Pagina 175:
“Miriam, braccata dalla polizia, sarebbe dovuta fuggire, ma lei non si sentiva colpevole, aveva solo liberato quelle donne dagli abusi di quegli uomini violenti. Lei era la maga.
“Abhadda kedhabhra”
Con quelle parole li aveva fatti sparire per sempre. Aveva punito la loro lussuria e la loro cattiveria. Erano solo dei bastardi e un bastardo li aveva uccisi. Una donna non si tocca nemmeno con un fiore, ma certi uomini sì.”
“Non andrà da nessuna parte, resterà lì, non è adatta a rinascere altrove. Lei è zafferano.”
Nota dell’autore
* Il più pericoloso tra i falsi zafferani è il colchico d’autunno (colchicum autumnale) perché molto velenoso. Viene chiamato anche zafferano bastardo.
** Lo zafferano è una specie inadatta a sopravvivere in natura allo stato spontaneo, perché non è in grado di disseminarsi. Non producendo semi il suo metodo di propagazione è esclusivamente affidato ai cormi. Questo significa che da un anno all’altro la pianta non ha modo di spostarsi, se non per mano del coltivatore.